domenica 18 luglio 2010

Il poema "MALDILUNA" DI GEZIM HAJDARI... avete mai letto qualcosa di altrettanto tremendamente bello?

Gëzim Hajdari

"MALDILUNA"

"Io, Gëzim Hajdari
(creazione di tremule ombre notturne,
errante maledetto delle sacre dimore),
confesso davanti agli dei,
ai templi e all’oblìo.
Confesso davanti ai campi abbandonati della patria
e ai fuochi dell’Inferno:
sono maschera della mia maschera,
e ciò che ho scritto sono fandonie,
non sono stato io
ma un indegno delirante,
chiuso in una stanza sgombra.
Giuro e scomunico i miei versi maledetti
ovunque siano
e chiedo perdono ai pazienti lettori
per averli ingannati
con il mio fango.

Che possano cadere tutti i fulmini del cielo
e l’ira dei demoni su di te,
Cerbero possa giudicare la tua anima tenebrosa
tra le fiamme impietose.
Hai perso la nostra fiducia
nelle paludi invernali vagherà la tua ombra orfana
come uno spirito maligno,
che tu non possa trovare mai pace sulla terra degli uomini!
Piogge cadranno, nevi e melma dall’alto,
soffieranno venti gelidi sulla tua Parola,
fiumi neri cancelleranno il tuo nome.
Con polvere e pietre copriremo le tue orme passo per passo
e con l’oblio sarai condannato
dalla tua stirpe!

O stagioni finte con fiori di ginestre e profumo di viole
nei cespugli in primavera
dove il passero gioioso insegue il cuculo,
rosa canina,
petali di papaveri
caduti nella terra del crimine,
sentieri con fischi di vipere.
O anni persi nei ruderi di merli e civette,
labirinti oscuri e tremendi dove ho errato
come un monaco mesto
per tutto questo tempo,
in nome di un Padre che non si è fatto mai uomo.
O bei giorni consumati invano
(in una patria castrata)
lanciando sassi controvento
e scrivendo con la punta del coltello sulla mia carne
canti d’amore e di pena.
O vortici di sogni incantevoli
che continuate ad uccidere poeti ingrati
senza una guerra, né una goccia di sangue.
Io, ombra della mia ombra,
condannato all’esilio per un altro esilio
bestemmio il mondo
e sputo in faccia al Dio ipocrita e crudele,
ho amato solo il mio terrore e non il canto dell’uomo.

Ma tu, mia vecchiarella,
continui a volermi bene come sempre,
nomina il mio nome come facevi ogni sera
nella piccola e umida casetta di campagna
e non dar retta a quel che scrivo.
Sgomento è il mio cervello,
avvelenati i miei pensieri,
e se in un’alba m’impiccassi,
sarà per una vergine puttana
per un poeta la vita conta poco,
è la morte che vale.
Ho deciso di svendere questa vita
in cambio di uno squallido poema,
ma tu, grazia il tuo figlio prediletto
che amava gli alberi
stretti l’uno all’altro.
Ritornerà il mio nome
e busserà ad ogni crepuscolo alla tua porta
come un uccello che cerca di ripararsi dalla pioggia,
come un fragile amante pentito.

Sia castigato il tuo verbo maledetto in tutto il regno dei vivi
e che sia impedito al tuo seme di fiele di attecchire
nella terra di Adamo,
pèntiti del peccato orribile
e che Dio misericordioso ti assolva!

Sono vissuto sempre in mezzo ai miei simili
solitario ed estraneo ad essi,
affascinato dalla mia follia
e dagli occhi teneri degli uccelli,
celebrando le mie ceneri oscure e chiare
sotto la luce di una luna spaventata,
testimone di atroci delitti.
Come un assassino in fuga,
attraversando regioni di neve,
rivendicavo a piena voce nel silenzio cieco e macabro
il mio potere .
Ridi tu, valle,
e nascondi il mio panico,
sorgi tu, collina
e copri il mio terrore,
germoglia tu, stagione funebre
e distruggi i miei sogni veggenti.
Con il pettirosso del cortile
che m’insegue nel bagliore del ghiaccio
divido il tormento
in questo autunno pallido.
Nessuno crede alla mia gioia,
i giorni per me sono cieli chiusi di pietre
e le notti paradisi di orge.
I primi che ho conosciuto nell’infanzia
furono i falchi nella mia collina,
si nutrivano delle allodole dei prati
ed io mi beavo ai pianti delle vittime,
mettevo in testa corone di ginestre
e passavo davanti alla battaglia dei predatori
come un re vincitore.
Chi non applaudiva con me era un vigliacco,
questo sono io,
ho adorato i volti sorridenti dei tiranni
ed ho odiato prima di amare.
Avanzate miei amori crudeli
mordete la mia carne innocente
lapidate con pietre i miei occhi castani
incendiate la mia angoscia,
finchè vengano placati i miei gemiti
e sia fatta la vostra volontà malvagia.
Che aspettate,
inchiodatemi con le mie Parole
fino al sangue
flagellatemi il corpo con i miei versi,
impiccate il mio cuore rosso
ai rami
prima che io corvo dei corvi
entri nelle vostre vene
a bere del vostro sangue impuro,
per risorgere mostro.

Oh, cose inaudite e blasfeme ascoltiamo
in questa notte di stelle gelide,
mentre canta il primo gallo rivolto ad Oriente:
morirai lontano dalla tua terra oscura,
distrutto dal dolore dell’esilio immenso,
spine mortali cresceranno dalle tue ceneri.

Sono uno straniero di passaggio,
nulla rimpiango del tuo regno di perdizione,
un altro destino rivendico.
Conosco i segreti della vita infedele
come l’arma il proprio delitto,
non c’è veleno che calmi la mia pazzia
donatami dal Padre
prima che diventassi
figlio di cannibali
nel deserto promesso.
Accoltellato dai fedeli
in una notte fonda
di comunione
e tradimento,
mostro alla gente la mia ferita che sanguina:
desiderio del mistero voluto.

Dal giorno che ho perso Atlantide,
erro senza meta nelle strade e nei campi
con la mia ossessione nelle mani
e maldiluna,
incendiando
alfabeti,
eros,
addii.
Oblìo del Tempo, salvami.
So quel che faccio mio Dio
e non chiedo grazia a nessuno,
io contadino di capre,
abitante di ex cooperative agricole di buio e tuoni,
che un tempo correva dietro alle stagioni e alle ombre,
non obbedisco al Tuo Disordine,
ben venga il rogo
e questi versi come castigo dell’Eterno.

(da Poesie scelte, 1990 – 2007, Edizioni Controluce, 2008)

venerdì 9 luglio 2010

ISOLA TIBERINA - ISOLA DEL CINEMA - ISOLA DEI POETI!!!

“ISOLA DEI POETI 2010”-“DIVI E DIVINE”
A CURA DI ROBERTO PIPERNO E FRANCESCA FARINA

"ISOLA DEL CINEMA" – ISOLA TIBERINA – ROMA

LUNGOTEVERE DEI PIERLEONI
(PUNTA DELL’ISOLA TIBERINA
VERSO PONTE GARIBALDI)

GIOVEDÌ 15 LUGLIO 2010, ORE 19,00

READING DEI POETI
ANTONIO AMENDOLA*, CLORIS BROSCA*, ALBERTO GIANQUINTO*, EMANUELE SGRILLETTI*,
FRANCESCO DALESSANDRO, ALIDA CASTAGNA,
DOMENICO SACCO, PAOLO BORZI,
LEONARDO DUCCIO MORTERA, TATIANA CIOBANU

SERVIZIO FOTOGRAFICO DI PAOLO QUARANTA

*POETI DEL FESTIVAL “MEDITERRANEA 2010”,
A CURA DI FILIPPO BETTINI PER LA RASSEGNA “ROMA PATRIA COMUNE”

rosafrancefarina@fastwebnet.it
SIETE TUTTI INVITATI!!!

lunedì 5 luglio 2010

"IPERFETAZIONI" DI MARCO PALLADINI (EDITRICE ZONA, 2009)

“Iperfetazioni”di Marco Palladini, Editrice Zona, 2009.


Nella cifra dell’ironia, spinta sovente verso l’abisso sdrucciolevole del sarcasmo (dal quale recedere è impresa ardua, almeno in retorica e in poesia) e nella struttura ampia, distesa, della prosa poetica (ovvero della poesia narrativa: poesie che sono quasi piccole prolusioni o apologie, o al contrario invettive, vere e proprie catilinarie amare), questi testi di Palladini delle “Iperfetazioni”, come a intendere subappalti di definizioni, costruzioni di costruzioni di parole, un LEGO di sintagmi, un puzzle di metafore e allegorie, in soliloquio doloroso e drammatico, dalla cui disperazione l’autore si scansa per eccesso di pudore, per evitare di mettere in scena i propri sentimenti più profondi - come nella tragedia greca si evita di mostrare in scena il cadavere dell’eroe, per evitare l’eccesso di commozione – salvandosi con lo scatto della battuta feroce, talvolta respingendo con un colpo di distico a rima baciata lo sprofondare nella palude dell’auto-commiserazione o dell’auto-compiacimento masochistico, di fronte a sconfitte, umiliazioni, delusioni della storia, piccola e personale, o della Storia, quella che finisce sui libri di scuola.
Disillusione privata e pubblica, dunque, declinata in allitterazioni, bisticci e/o giochi di parole, metri distesi, esasperati e cantanti, o dissonanti volutamente in figure retoriche ricche e voluttuose, dove le immagini audacemente accostate producono, come nello sfregamento di metalli diversi, da cui si levano stridendo rossastre faville, sciami di parole, spasmodicamente reiterate, quasi a ribadire idee e ideologie altrimenti incomprese o incomprensibili.
Nelle “Ricognizioni private”, la prima delle tre sezioni in cui si articola il volume, preceduto da una sovrabbondanza di citazioni, che vanno da Gadamer, a Genette, ai CCCP, da Manganelli, a Brecht, a Dante (“Ahi serva Italia…”, altissima invettiva, mai tanto adatta come a questi nostri tristissimi tempi) - tutti “padri”, presumiamo, dell’autore, in cui si è riconosciuto e si riconosce ancora, probabilmente – il poeta sembra voler dire tutto di sé, di sé poeta e della Poesia, sfatandone però ogni luogo comune, denudandone i più vieti paludamenti, denunciandone i più laidi vizi, irridendo acerbamente (una piega di “pietas” gli deforma sempre le labbra, strette a pronunciare il proprio profetico verbo) come COLUI-CHE-SA, poiché ha vissuto ogni aspetto della vita, ne conosce ogni risvolto, ne ha percorso i sentieri più malagevoli, è caduto mille volte e mille volte si è rialzato ed ora addita a chi verrà dopo di lui le difficoltà di cui è lastricata la strada. Volgendosi però indietro, il poeta sembra aver orrore di nostalgici ripensamenti e le sue “furibonde invettive” si rivelano come la vera forza della sua personale poetica.
La delusione della Storia si fa alta poesia, denuncia senza cedimenti al patetico, dignitosa apostrofe al mondo, declamata con un lessico “novissimo” (è agevole rintracciarvi i poeti degli anni Sessanta del Novecento), straordinariamente “moderno” o meglio “contemporaneo”, mentre il sarcasmo diviene ancora più audace nella seconda sezione, “Interzone”, dove la spinta allusiva della parola si fa dirompente, sfiorando il comico della grande tradizione (non si stenta a rivedervi Rabelais o il Folengo), nell’accumulo di materiali extra-vaganti, nelle zeppe, negli scarti o scambi di lettere e/o parole, nella coazione a ripetere, nell’accostamento o rovesciamento dei sinonimi o omonimi, che fanno scaturire la voglia di sottrarre, aggiungere e/o correggere il detto, col sorriso o il riso sempre in agguato, quando non manca il verso escrementizio: là ci si diverte a leggere, come da bambini a dire le parolacce, a nominare l’innominabile, a usare il “K” come negli anni Settanta (buono per Kissinger, ma anche per il nostro Kossiga), a riesumare vecchi gruppi musicali coprolalici, a rievocare vecchi sintagmi neo-romantici, nel perenne spaesamento o straniamento provocato dall’inusitato accostamento di mode e modi di diverso e recente/lontanissimo tempo, cedendo talvolta all’inserto di sintagmi in lingua straniera o termini di nuovo conio.
Quando ci pare di dover finire, per sovrabbondanza di senso, cosa che ci lascia grati quanto stremati dall’arricchimento incredibile di immagini e di sensi, comincia l’ultima straziante sezione, “Pubbliche incursioni”, in cui lo sguardo dolente del poeta si sofferma a denunciare l’orrore della Storia più vicina a noi, dove la presenza delle bombe è più concreta e vera dell’assenza di Dio, ogni cosa e creatura sono mercificate e fornite di logo (pur nelle dichiarazioni del NO LOGO), mentre invano il poeta continua a mascherare di ironia l’immenso dolore che lo travolge di fronte ai travolgimenti della Cronaca, in assenza totale di una parola salvifica, se non questa sua, poetica.

(Francesca Farina)

venerdì 18 giugno 2010

29 GIUGNO 2010, DECIMO LEOPARDI'S DAY- OMAGGIO A GIACOMO LEOPARDI

ISOLA DEL CINEMA – ISOLA DEI POETI-
10° LEOPARDI’S DAY (IDEATO DA FRANCESCA FARINA)
(29 GIUGNO 1798 - 29 GIUGNO 2010)
ISOLA TIBERINA, ROMA
(PUNTA DELL’ISOLA VERSO PONTE GARIBALDI)
MARTEDÌ 29 GIUGNO 2010, ORE 19,00
MARATONA DEI POETI
IN OMAGGIO A GIACOMO LEOPARDI
NEL 212ESIMO ANNIVERSARIO DELLA NASCITA

PARTECIPANO I POETI

PAOLO ARCERI, LUCIANNA ARGENTINO, SILVANA BARONI, LUCA BENASSI, TOMASO BINGA, PAOLO BORZI, LAURA CANCIANI, LEA CANDUCCI, MARIA CLELIA CARDONA, ALIDA CASTAGNA, PILAR CASTEL, EMANUELA CELI, LUIGI CELI, TIZIANA COLUSSO, CHIARA D’APOTE, GABRIELLA DI TRANI, FRANCO FALASCA, FRANCESCA FARINA, LIDIA GARGIULO, CARLA GUIDI, IOLANDA LA CARRUBBA, FRANCESCO LIOCE, DONATELLA MEI, FARAÒN METEOSÈS, DANIELA NEGRI, TERRY OLIVI, PLINIO PERILLI, GIULIA PERRONI, ENRICO PIETRANGELI, ROBERTO PIPERNO, MIMMA PISANI, ROSSELLA POMPEO, BIAGIO PROPATO, ELENA RIBET, DOMENICO SACCO, EUGENIA SERAFINI, LUIGIA SORRENTINO, GIUSEPPE SPINILLO, MARISA TOLVE.

COORDINANO FRANCESCA FARINA E ROBERTO PIPERNO
SERVIZIO VIDEO-FOTOGRAFICO DI VINCENZA SALVATORE

INVITO PER SEI SERATE ECCEZIONALI ALL'ISOLA TIBERINA-ISOLA DEI POETI

IL CINEMA E LA POESIA - “DIVI E DIVINE”
A CURA DI ROBERTO PIPERNO E FRANCESCA FARINA

ISOLA DEL CINEMA – ISOLA TIBERINA - ROMA
LUNGOTEVERE DEI PIERLEONI, ORE 19.00-21.00
(PUNTA DELL'ISOLA VERSO PONTE GARIBALDI)

GIOVEDÌ 24 GIUGNO 2010
CONY RAY*, MICHELE FIANCO*, MASSIMO GIANNOTTA*,
REGINA FRANCESCHINI*
ESPOSIZIONE DELL’OPERA DI PATRIZIA MOLINARI
“PER NOI UOMINI D’EUROPA”, CON UN TESTO DI GEZIM HAJDARI*
PIERA MATTEI, GIUSEPPE SPINILLO, RICCARDO DURANTI,
PAOLO PROCACCINO, RIKA SIBHATU

MARTEDÌ 29 GIUGNO 2010
X LEOPARDI’S DAY- MARATONA DI POESIA
NELL’ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI GIACOMO LEOPARDI
I POETI DELLA MARATONA DEI POETI
LEGGERANNO I LORO TESTI IN OMAGGIO A LEOPARDI.

GIOVEDÌ 1 LUGLIO 2010
DANTE MAFFIA*, ANGELO FAVARO*, LAURA VENTURINI*,
GABRIELLA DI TRANI, DONATELLA MEI, FARAÒN METEOSÈS,
STEFANO D’ALBANO, PILAR CASTEL

GIOVEDÌ 8 LUGLIO 2010
PATRIZIA LANZALACO*, ACHILLE SERRAO*,
FERDINANDO TRICARICO*
LIDIA GARGIULO, DOMENICO SACCO, IOLANDA LA CARRUBBA,
ROSANGELA ZOPPI, THEREZINHA DE SIQUEIRA

SUONI E PAROLE DELL’ARCIPELAGO NOTTURNO*. UN PERCORSO DI SUGGESTIONI E RISONANZE NELLA MUSICA E NELLA POESIA DI GIACINTO SCELSI, A CURA
DELLA FONDAZIONE ISABELLA SCELSI
PARTECIPANO FILIPPO BETTINI, FAUSTO RAZZI,
JACQUELINE RISSET, NICOLA SANI

GIOVEDÌ 15 LUGLIO 2010
ANTONIO AMENDOLA*,CLORIS BROSCA*, ALBERTO GIANQUINTO *,
EMANUELE SGRILLETTI*
FRANCESCO DALESSANDRO, ALIDA CASTAGNA, PAOLO BORZI,
LEONARDO DUCCIO MORTERA, TATIANA CIOBANU

*POETI DEL FESTIVAL “MEDITERRANEA 2010”,
A CURA DI FILIPPO BETTINI
PER LA RASSEGNA “ROMA PATRIA COMUNE”




FESTIVAL MEDITERRANEA 2010
A CURA DI FILIPPO BETTINI


VENERDÌ 16 LUGLIO 2010

MEETING INTERNAZIONALE DI POESIA MEDITERRANEA
CON LA PARTECIPAZIONE DI LATIF AL SAADI(IRAQ), MIHAI MIRCEA BUTCOVAN (ROMANIA), GEZIM HAJDARI (ALBANIA), CLARA JANÉS (SPAGNA), NDJOCK NGANA (CAMERUN), ANTONIO OSÒRIO (PORTOGALLO), JACQUELINE RISSET (FRANCIA),
SHAHRNUSH PARSIPUR (IRAN), MARCIA THEOPHILO (BRASILE) E DEI POETI ITALIANI ANDREA DI CONSOLI E DANIELA RIPETTI PACCHINI.
I VERSI SARANNO DECLAMATI IN LINGUA ORIGINALE ( DA PARTE DELLO STESSO AUTORE) ED IN TRADUZIONE, GRAZIE ALL’INTERPRETAZIONE DI NOTI ATTORI/ATTRICI

sabato 5 giugno 2010

DA "CORPOREA", LA POESIA-MANIFESTO DEL CLUB "RED HAT SOCIETY"

“Avvertimento” di Jenny Joseph.

"Quando sarò vecchia mi vestirò di viola
con un cappello rosso che non si abbina e non mi dona.
Sperpererò la pensione in brandy, guanti estivi
e sandali in satin, dicendo che non me ne restano per comprare il burro.
Mi siederò sul marciapiede quando sarò stanca
sgraffignerò campioncini nei negozi e suonerò i campanelli
farò rotolare il mio bastone sulle ringhiere dei palazzi
mi truccherò per riscattare la sobrietà degli anni verdi.
Uscirò in ciabatte nella pioggia
raccoglierò fiori nei giardini altrui
e imparerò a sputare.

Si potrà indossare orribili camicie e ingrassare
mangiare tre chili di salsicce in una volta
o solo pane e sottaceti per una settimana
ammassare penne, matite, sottobicchieri e cianfrusaglie nelle scatole.

Purtroppo ora ci tocca vestirci per mantenerci asciutte
e pagare l’affitto e non bestemmiare per strada
e dare il buon esempio per i figli.
Avere amici a cena e leggere i giornali.

Ma non posso impratichirmi già un po’ ora?
Così chi mi conosce non rimarrà scioccato
quando improvvisamente invecchierò, e vestirò di viola".

(traduzione di Loredana Magazzeni)

giovedì 3 giugno 2010

"CORPOREA. IL CORPO NELLA POESIA FEMMINILE CONTEMPORANEA IN LINGUA INGLESE"

“CORPOREA. IL CORPO NELLA POESIA FEMMINILE CONTEMPORANEA IN LINGUA INGLESE”, EDIZIONI LE VOCI DELLA LUNA POESIA, SASSO MARCONI (BO), 2009.
Volume a cura di Loredana Magazzeni, Fiorenza Mormile, Brenda Porster, Anna Maria Robustelli.

In questi spaventosi anni di regressione culturale e disimpegno generale, dove è ancora più negato alle donne lo spazio che tanto faticosamente, talvolta a prezzo del loro stesso sangue, avevano conquistato (basti ricordare a Roma, Giorgiana Masi, tra le tante, le migliaia di donne, i milioni nel mondo, durante gli anni Settanta e Ottanta della ipotizzata e poi tradita Rivoluzione), tanto più meritevole l’opera delle curatrici di questo volume, che hanno antologizzato le voci più incisive delle maggiori poete inglesi e americane. La dimenticanza che, come marchio feroce e inesorabile, sembra essersi impressa sulla carne della nostra crudele epoca, viene di colpo cancellata dalla celebrazione di questo canto nascosto, noto soltanto alle donne più acculturate, alle lettrici instancabili le quali, come le curatrici e traduttrici dell’antologia, hanno tenuto viva la luce, nel buio dell’incultura che ci sommerge e ci rende quasi ciechi.
Il volume si compone di sette sezioni, ognuna intitolata a un tema fondamentale della vita delle donne: “Metafore e miti rivisitati”, “Immagini del sé: amore e disamore”, “Desiderio”, “Nascite e dintorni”, “Invecchiamento e malattia”, “Violenza e separazioni”, “Lo sguardo critico: puntualizzazioni, risentimenti, manifesti”, per un totale di sessanta poesie, con testo inglese a fronte. Si tratta di un vero e proprio manifesto poetico contro la cancellazione del corpo, oggi più che mai negato, violato, annullato: ogni giorno, sappiamo dalla cronaca nera, una donna viene assassinata dalla persona a lei più prossima, un marito, un compagno, un fidanzato, un amante, un padre, un fratello.
Si va allora , nella prima sezione, dalla poesia “Pensieri alla Ruskin” di Elma Mitchell, in cui la donna è vista come infinitamente lontana dallo stereotipo maschile, dove era fatta di “gigli e rose”, a quella in cui si rivela impastata di desiderio e non di tenere fragranze alla fresia, come in “Calendule” di Vicky Feaver (singolare che il nome “Calendula” in inglese sia “Marigold”, cioè lo stesso di una nota marca di guanti di gomma per le faccende di casa…), a quella in cui celebra ciò che per secoli è stato oggetto della massima vergogna e riprovazione, le mestruazioni, nelle poesie di Lucille Clifton e di Sharon Olds; qui avviene la celebrazione dei fluidi del corpo femminile per millenni nascosti alle/dalle stesse donne, tabù innominabile. O ancora: si esalta la Grande Madre Eva, “la prima scienziata”, morta per sete di conoscenza, ovvero, dissacrando la nota fiaba, la piccola Cenerentola dalle due madri ambivalenti. Quindi, nella seconda sezione, troviamo le poesie che glorificano le parti più intime ed indicibili del corpo femminile, cancellate perfino dalle parole delle donne e tanto più dagli scritti degli uomini, ovvero relegate nei siti pornografici, nei boudoirs, nelle latrine,negli scantinati, negli angiporti, nei casini; ovvero, quelle che lo negano, come in “Anoressia” di Alice Jones, la quale non è altro che la risposta crudele (“Io mi annullo fino a scomparire, morire”) alla domanda crudele del mondo: “Donna, perché esisti?”; o in “Bulimia” di Denise Duhamel, che al contrario denuncia il tentativo da parte della donna “affamata di tutto” “digiuna del mondo” di ingurgitare ciò di cui sente mostruosamente la mancanza.
Si passa poi alla sezione intitolata “Desiderio”, dove si sottolinea come il desiderio femminile sia relegato nel retrobottega del pensiero, del corpo, delle parole non dette, delle parole non scritte, per auto-censura, proibizione, reticenza, vergogna. Il corpo del maschio diventa nelle poesie distanza assoluta o complementarità totale con quello della femmina, quando il sesso e le sue pulsioni si fanno verbo e se ne canta l’orgoglio anche quando si tratta di sessi identici, nell’amore, sempre negato o faticosamente conquistato, di donna e donna, nelle poesie, tra le altre, di Dorianne Laux, Carol Anne Duffy, Adrienne Rich.
E ancora nella sezione “Nascite e dintorni” si canta l’avventura più estrema dell’intera esistenza, la nascita, di volta in volta magnificata, retorizzata e desublimata, abisso d’orrori ed estasi sublime; ovvero il rapporto più ineffabile che donna possa vivere, quello col proprio figlio, oppure con il non nato, la figlia mai avuta; così nella successiva sezione “Invecchiamento e malattia” lo sfacelo del corpo di donna, fatto per l’amore, denuncia la sua rimozione, “il seno in meno” nella poesia di Marlyn Hacker, o la “Mastectomia” in quella di Alicia Ostriker, che ha dedicato alla malattia diverse liriche. Si passa poi a “Violenza e separazioni”, dove gli stupri nelle loro forme più atroci rivivono nei versi quasi sanguinanti di Marge Piercy, Agneta Falk, Mary Dorcey e altre. Infine, la sezione “Lo sguardo critico: puntualizzazioni, risentimenti, manifesti”, dove l’audacia verbale delle poete si distende in canti inarrivabili, di grande impatto ironico, come nel “Sonetto della vagina” di Joan Larkin, o nel notissimo “Avvertimento” di Jenny Joseph, vera bandiera delle femministe di tutto il mondo, che ha dato luogo alla “Red Hat Society”, la quale conta migliaia di adepte ovunque, perfino in Cina, ma non in Italia, per chiudere con l’invito “Per donne forti” di Marge Piercy, valevole per tutte quelle donne che credono di non poter sollevare, con la forza delle loro braccia, l’intero universo, ma alle quali tuttavia è sempre richiesto.
Volume assolutamente da non perdere, non dovrebbe mancare in nessuna libreria di donna. E non solo.
(NOTA CRITICA DI FRANCESCA FARINA)

domenica 23 maggio 2010

E' SUCCESSO!!!

EH, Sì, IL SUCCESSO E' QUALCOSA CHE E' ACCADUTO E A NOI E' ACCADUTO DAVVERO!!! NON PER VANTARMI MA ERAVAMO IN...TROPPI!!! NON CI SI RIGIRAVA NELLE DUE SALETTE DELLA GALLERIA LA CUBA D'ORO, A VIA DELLA PELLICCIA, 10, A ROMA TRASTEVERE, NEL CUORE DEL CUORE DI ROMA, TRA FOTO SONTUOSE E GIOIELLI SFARZOSI E POETI GRANDIOSI!!! MA QUANTI ERAVAMO?! ELENCARLI SAREBBE IMPOSSIBILE, NON RICORDO TUTTI E ALCUNI NON LI CONOSCEVO, PORTATI DA ALTRI AMICI...NON VOGLIO FAR TORTO A NESSUNO, COSI' NON LI SCRIVO, MA ERANO QUASI TUTTI QUELLI DELLA LISTA, PIU' ALTRI...MANDATEMI LE VOSTRE POESIE, LE POSTERO' SUL BLOG! rosafrancefarina@fastwebnet.it

domenica 16 maggio 2010

MOSTRA FOTOGRAFICA CON MARATONA ANNESSA E ALLEGATA

“GALLERIA LA CUBA D’ORO”
VICOLO DELLA PELLICCIA, 10, ROMA

MERCOLEDI’ 19 MAGGIO 2010, H 18,30

INAUGURAZIONE MOSTRA FOTOGRAFICA
“SCARIFICAZIONI”
DI GRAZIA MENNA

A SEGUIRE MARATONA DEI POETI
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COORDINATA DA FRANCESCA FARINA
CON I POETI
PAOLO ARCERI, LUCIANNA ARGENTINO, SILVANA BARONI, LUCA BENASSI, TOMASO BINGA, PAOLO BORZI, MARIA GRAZIA CALANDRONE, LAURA CANCIANI, LEA CANDUCCI, MARIA CLELIA CARDONA, EMANUELA CELI, LUIGI CELI, TIZIANA COLUSSO, CHIARA D’APOTE, VILMA COSTANTINI, GABRIELLA DI TRANI, FRANCO FALASCA, FRANCESCA FARINA, LIDIA GARGIULO, CARLA GUIDI, PAOLO GUZZI, IOLANDA LA CARRUBBA, SILVANA LEONARDI, FRANCESCO LIOCE, DONATELLA MEI, FARAON METEOSES, LUCIANA GRAVINA, DANIELA NEGRI, IVAN PADUANO, PLINIO PERILLI, GIULIA PERRONI, ENRICO PIETRANGELI, ROBERTO PIPERNO, MIMMA PISANI, ROSSELLA POMPEO, BIAGIO PROPATO, CONY RAY, ELENA RIBET, LIDIA RIVIELLO, EUGENIA SERAFINI, LUIGIA SORRENTINO, GIUSEPPE SPINILLO, MARISA TOLVE.

A SEGUIRE BUFFET FOTO-POETICO.

SERVIZIO VIDEO-FOTOGRAFICO A CURA DI VINCENZA SALVATORE.

Una poesia dedicatami dalla mitica AKIRA BAU, or Aphotheke, or Chiara D'Apote

"Temo tutto di me tutto
>>La nave s'è incagliata tra i giardini
>>le scarse foglie dei miei versi per un maestro che vivrà sempre di vita in
>>vito
>>versi amici soli assoli felini scompagnati
>>noncuranze e ozio
>>parodie nei ritratti ritrattati
>>di fanciulla eroina del nulla
>>(oh nostalgia del nulla m'hai baciata di gioia e non corri da me non corri
da me come le nuvole il tuo volto è uno sciame di rovi!
>>scrivevo quel dì quando conobbi la rosa francesca di farinata sorella)
>>
>>Tutto temo di me tutto anche
>>le virgole i silenzi .Che ho gridato sorella di notte aiuto,fracassandomi
il
>>costato!
>>Che ho bevuto come tè o te
>>l'olio amaranto di ricino ingoiato nella memoria.Tutto temo di me tutto.Ma
>>vedo le Azzorre brilluccicose sotto il mio decoltè.Vivo".

giovedì 22 aprile 2010

"NON POTHO REPOSARE, AMORE CORO..." DI ANDREA PARODI

Canzone tradizionale sarda cantata dal GRUPPO musicale TAZENDA (con Andrea Parodi, la più bella voce del mondo, purtroppo ormai spenta...) (1988(cercatelo su GOOGLE, troverete lo straordinario video di Andrea Parodi che la canta da par suo...mette i brividi...)
"NON POTHO REPOSARE"
(la più bella canzone sarda in assoluto, dedicata a tutti coloro che recentemente sono stati in Sardegna o pensano di andarci):

"NON POTHO REPOSARE, AMORE ‘E CORO,
PENSENDE A TIE SO D’ONZI MOMENTU.
NO' ISTES IN TRISTURA, PRENDA DE ORO,
NÉ IN DISPIAGHERE O PENSAMENTU.

T’ASSICURO CHE A TIE SOLU BRAMO,
CA T’AMO FORTE T’AMO, T’AMO E T’AMO.

SI M’ESSERET POSSIBILE D’ANGHèLU
S’ISPIRITU INVISIBILE PICCàBO
SAS FORMAS E FURàBO DAE CHELU
SU SOLE E SOS ISTèDDOS E FORMàBO
UNU MUNDU BELLISSIMU PRO TENE,
PRO PODER DISPENSARE CADA BENE.

UNU MUNDU BELLISSIMU PRO TENE,
PRO PODER DISPENSARE CADA BENE.

NON POTHO REPOSARE AMORE ‘E CORO,
PENSENDE A IE SO D’ONZI MOMENTU.
T’ASSICURO CHE A TIE SOLU BRAMO,
CA T’AMO FORTE T’AMO, T’AMO E T’AMO.

T’ASSICURO CHE A TIE SOLU BRAMO,
CA T’AMO FORTE T’AMO, T’AMO E T’AMO

NON POTHO VIVER, NO', CHIN AMARGùRA,
LUNTANU DAE TENE, AMADU CORO,
A NUDDA VALET SA BELLA NATURA
SI NO’EST ACCùRZU SU MEU TESORO,
PRO MI DARE CONSòLU E RECRèU
CORO, DONOSA, AMADA PRUS DE DEUS!

NON POTHO REPOSARE, AMORE CORO,
PENSANDE A TIE SOLU ONZI MOMENTU!"

(PER LA TRADUZIONE contattare rosafrancefarina@fastewebnet.it)

domenica 11 aprile 2010

"25 APRILE FESTA DELLA LIBERAZIONE"

MARTEDÌ 27 APRILE 2010, ORE 17.30
CASA DELLA MEMORIA E DELLA STORIA, VIA S. FRANCESCO DI SALES, 5

CON LA COLLABORAZIONE CON L’ANPI E LA FIAP
LEA CANDUCCI, CARLA GUIDI, ROBERTO PIPERNO
PRESENTANO
DALLE “…FRONDE DEI SALICI” AD OGGI
I POETI RICORDANO LA RESISTENZA

SALVATORE GIONCARDI E GIULIA PERRONI LEGGONO

ELENA BONO STANZE PER “CUCCIOLO”
PIERO CALAMANDREI LO AVRAI CAMERATA KESSERLING
TULLIA DE MAYO LIBERTÀ
FRANCO FORTINI QUEL GIOVANE TEDESCO
CORRADO GOVONI MORTE DEL PARTIGIANO
PRIMO LEVI CANTO DEI MORTI INVANO
EUGENIO MONTALE LA PRIMAVERA HITLERIANA
RENZO NANNI RESISTENZA
SALVATORE QUASIMODO ALLE FRONDE DEI SALICI
EDOARDO SANGUINETI BALLATA DELLE DONNE
GIUSEPPE UNGARETTI NON GRIDATE PIÙ
RENATA VIGANÒ LA MIA VEGLIA


OGGI I POETI RICORDANO E CI DICONO…

LEA CANDUCCI (MEDAGLIA D’ORO DELLA RESISTENZA), SILVANA BARONI, TOMASO BINGA, SILVIA BRE, LUIGI CELI, VITTORIO CIMIOTTA, FRANCESCA FARINA, MASSIMO GIANNOTTA, CARLA GUIDI, MARIO LUNETTA, DANTE MAFFIA, ENRICO MELONI, FRANCESCO MUZZIOLI, MARCO PALLADINI, ELIO PECORA, PLINIO PERILLI, GIULIA PERRONI, ROBERTO PIPERNO.


ACCOMPAGNAMENTO MUSICALE DI MAURIZIO FRANCISCI, ASSOCIAZIONE “I CERCHI MAGICI”
VIDEORIPRESA E FOTOGRAFIE, VINCENZA SALVATORE


INFO: TEL. 06 6876543 – WWW.CASADELLAMEMORIA.CULTURAROMA.IT


Poeti per la Liberazione.

"Ninna nanna del partigiano".


"Capelli, che io mai accarezzai,
ciocche scomposte nel freddo della morte,
e piaghe aperte, oscura malasorte,
e denti stretti come fiere o cani,

apparteneste a ignoti partigiani,
che con la carne fecero le tombe
delle speranze fresche, liete onde,
e vi immolaste sopra eterni altari.

Dormite, adesso, ma mai voglio scordare
il vostro sonno e il grido alto e teso
e il sangue che discorse come fiume

dalle vene squarciate in crepe amare,
a riempire d’orrore l’universo,
finché tornaste figli a madri nude".

Francesca Farina

VI INVITO TUTTI A PARTECIPARE!!!

venerdì 19 marzo 2010

"AVATARA" COSI' SCRISSE PER PRIMO IL GRANDE WHITMAN!!!

LEGGENDO IL SUO MAGNIFICO CANTO PER L'AMERICA TRIONFANTE E DOLENTE, "FOGLIE D'ERBA", LA RACCOLTA DEI SUOI VERSI ALLA QUALE LAVORO' PER TUTTA LA VITA E CHE FECE DI LUI IL BARDO IMMORTALE (PER I BIGOTTI "IMMORALE"!) DELL'AMERICA INCESSANTE, HO SCOPERTO CHE WHITMAN PER PRIMO USA LA PAROLA "AVATARA" (OGGI "AVATAR", IL FILM, TRIONFA SU TUTTI GLI SCHERMI!)NEL SENSO CON CUI E' STATO UTILIZZATO, APPUNTO, PER IL FILM...

giovedì 18 marzo 2010

EVENTO: VITO RIVIELLO. IL GIUSTO VERSO...

Evento: "VITO RIVIELLO. IL GIUSTO VERSO..."
Tipo: Festival
Inizia: venerdì 19 marzo 2010 alle ore 18.00
Termina: venerdì 19 marzo 2010 alle ore 19.30
Luogo: Frascati - Sala degli Specchi del Palazzo Comunale.

LIDIA RIVIELLO, FIGLIA DEL GRANDE VITO, MI INVITA A INTERVENIRE ALL'EVENTO COMMEMORATIVO DELLA FIGURA ECCEZIONALE DEL POETA DI POTENZA, MAESTRO DI IRONIA E DOLCISSIMO SARCASMO, LETTORE DELLA REALTA' AMBIGUA E AMARA DEL MONDO CONTEMPORANEO, SCOMPARSO IL 18 GIUGNO 2009 A ROMA, CHE HA LASCIATO VASTA OMBRA DI SE' NELLE SUE NUMEROSE RACCOLTE POETICHE E NON SOLTANTO...A MIA VOLTA INVITO TUTTI GLI AMICI POETI CHE LO HANNO AMATO E CONOSCIUTO E CHE SONO STATI BENEFICATI DALAL SUA STRAORDINARIA GENEROSITA'.

Una poesia di Anna Maria Ferramosca tratta da "Other signs, other circles"...

"TI HO DISEGNATO UN SEGGIO"

"TI HO DISEGNATO UN SEGGIO
E L’HO DIPINTO IRONICO
TRONO DI GIRASOLI A-CAPO-CHINO
TI HO IMMAGINATO SGUARDO-NEL-FOGLIAME
PARALISI STUPITA DELLE LABBRA
DOMANDA FUSA AL TOCCO DELLE DITA

E NON POSSO RISPONDERTI
MA DEVO
INSOLENTIRTI COL MUSO DELLA VOLPE
INTIMIDIRTI PER L’OCCHIO DILATATO
NELLA CONSOLAZIONE DI UNA SILLABA

E GIUSTAMENTE TU ORA MOSTRI I DENTI
ALLA VOLPE BRACCATA NEL SENTIERO
DELLE PAROLE, FINO ALLA SUA GABBIA
IMPOSSIBILE SNIDARLA, IMPOSSIBILE
ANESTETIZZARLA
LE RIDONO INTORNO SBARRE ORIZZONTALI
LIEVI COME LINEE D’ORIZZONTE
(ORIZZONTALE E LIEVE È LA SCRITTURA)
NON TI RESTA
CHE LANCIARLE GRIDA D’AMORE COME SASSI
NEL CENTRO ESATTO DEI SUOI CERCHI D’ARIA"

martedì 9 marzo 2010

"OTHER SIGNS, OTHER CIRCLES". LE POESIE DI ANNA MARIA FERRAMOSCA.

“Other signs, other circles. A Selection of Poems: 1990-2009”, CHELSEAEDITIONS, 2009 di Anna Maria Ferramosca. La parola-segno DI ANNA MARIA FERRAMOSCA.

La voce sicura, dalla parola decisa e senza limiti, sebbene circoscritta in una precisione acutissima, quasi spasmodica, di Anna Maria Ferramosca si alza (o si abbassa, non certo per insipienza, bensì per discrezione, perché in realtà un certo understatement si sottende a tutta la raccolta, vera cifra della personalità poetica dell’Autrice, fino a raggiungere un “pianissimo” come in musica, per arrivare a ciò che, sempre in campo musicale, corrisponde al “tace”, a un “silentium” carico tuttavia di sensi, lo spazio tra un verso e l’altro, e tra una parola e l’altra: non è potente, infatti, nel suo gesto quasi pittorico anche il breve spazio bianco che nasconde abissi tra un segno scritto e l’altro?) si alza dunque in questa raccolta bilingue, scritta come a quattro mani da Anna Maria Ferramosca e da Anamarìa Crowe Serrano, modulandosi in mille toni, trasformandosi in mille forme espressive, toccando mille temi, dalle radici ancestrali dell’essere-poeta, la “messapicagrecaegizialibica”, come dice di se stessa, lei che percorrerebbe ogni sangue, ogni foglia, ogni città, ogni mondo, fino agli OGM del contemporaneo, senza alcun freno: nella sfrenatezza sembra consistere la misura del suo verso aperto, del suo verso libero, del suo canto spiegato e senza remore, in questo palinsesto dell’eterno, che è la parola poetica, sia che venga stampata su una tavoletta siriana in segni cuneiformi, sia che appaia scalfita nella stele di Rosetta, o in lineare b. Poesia senza remore, magica, misterica dunque, ricca di luci chiare e sensi oscuri, di ataviche pulsioni, di recenti emozioni, dove Natura, sensualità e Storia si fondono in un incessante fluire, fiume di suoni che scorrono limpidi e sonori, travolgenti come acqua.


(TESTO CRITICO DI FRANCESCA FARINA)

"TRAGOEDIA" DI FRANCESCA FARINA NELLA CRITICA DI ROBERTO PIPERNO

“Tragoedia”, Edizioni Zona, di Francesca Farina
di Roberto Piperno

E’ stato un piacere, ma anche un sfida, lanciarmi nella lettura di questo libro di Francesca Farina, un’amica ormai di lunga data nella comune azione di promozione della poesia, come ad esempio all’Isola dei Poeti.
Una persona impegnata con la vita e che spesso si raccoglie nel suo mondo, staccando anche il telefonino per tante ore al giorno.
Così questo libro, profonda testimonianza personale in poesia, è stata una luce via via più forte puntata sulla coscienza profonda di Francesca Farina, ma anche una luce per comprendere ciò che avviene anche a tutti noi.
Un libro che avevo già velocemente letto quando venne pubblicato, ma che ho riletto per questa odierna presentazione, da me auspicata, e che mi ha coinvolto per la sua non comune capacità di comunicare aspetti tosti della vita, momenti di una tragedia che non ha fine, dal primo all’ultimo rigo.

Ma notiamo subito - prima di entrare nei testi di Francesca Farina - il sonetto di Shakespeare che la poeta pone all’apertura del suo libro, che ci ricorda che “ le rose hanno spine e le argentee fonti fango” e che “il ripugnante bruco vive nel bocciolo più dolce”. Una premessa indispensabile per comprendere l’intero libro e per non essere travolti dai sonetti che seguono, tutti segnati da profonda sofferenza ma anche dalla gioia della vita: giacché la tragedia è sempre presente nella vita, ma la poesia unisce gli essere umani nel profondo, nutrendoli di bellezza e d’intercomunicazione.
D'altronde la scelta per il titolo della parola greca “ Tragoedìa” ci ricorda l’origine della parola: tragos= capro, oidé= canto: cioè canto dei capri: infatti la tragedia nasce in Grecia come un canto scritto per il sacrificio dei capri e la poesia è destinata ad un rito dionisiaco e ai canti satireschi che l’accompagnano.

Prima di esaminare il libro nel dettaglio, bisogna anche annotare un’altra caratteristica di queste poesie: si tratta di un centinaio di sonetti. Francesca Farina non si fa, in questo libro, coinvolgere dal verso libero, muovendosi verso una versione lirica della disperazione e dell’amore infranto.
No, utilizzando il classico e antico sonetto Francesca Farina manifesta la sua decisa intenzione di collegare la sua personale tragedia alla condizione umana di tutti, giacché nessuno si può sottrarre al dolore della perdita, alla negazione di sé. La scelta del sonetto ben si presta a tanti racconti della vita vissuta da Francesca Farina, dal padre, dalla madre, dalla zia e da se stessa: momenti che rappresentano anche momenti della vita di ciascuno di noi, naturalmente.
Il sonetto diventa così un veicolo forte e puro per cogliere e comunicare le regole di un comune destino umano: giacché nessuno si può sottrarre al dolore e alla negazione del sé. Ed è utilizzato con efficace abilità sonora, che ci permette di cogliere più a fondo la disperazione e il dolore della “tragoedia”. Qui di nuovo risalta anche il collegamento con la “Tragoedia” greca, cioè una struttura classica di poesia e di canti, che usa una lingua pura ed elevata. Anche Dante usa il termine “Tragedia” per indicare componimenti poetici non giocosi e di stile elevato.

Ma di quale aspetto della vita umana Francesca Farina scrive in questi sonetti?
Mi pare che giustamente nella “Premessa” al libro si dica che “la tragedia dell’amore rinnegato e incompiuto è il centro palpitante della raccolta” e che “il dramma dell’affetto calpestato, dell’amicizia cancellata, dell’amore deriso costituisce il nucleo fondamentale”.
Ciò infatti corrisponde proprio alla tragedia, a quel componimento che pone al centro un complesso problema di coscienza, che si sviluppa in una serie di episodi, che costituiscono l’azione tragica con la quale è difficile confrontarsi, ma che si muovono verso un finale chiarificatore e perfino liberatore.

Tutto ciò premesso, entriamo nei testi del libro, che è diviso in diverse sezioni, sia pure omogenee. Notiamo che i sonetti non hanno quasi mai dei titoli, proprio a sottolineare la coerente unità di tutti i testi, come successivi sospiri di un unico respiro.
Naturalmente, come avviene nella “Tragoedia” greca, esiste un “prologo”, qui chiamato “incipit”, che consiste in una riflessione sulla poeta stessa, il “capro”, che gioca ironicamente sul nome stesso “Farina”. Farina dice di se stessa ( pag.9) :
“Prima era grano, immersa nella terra,
poi fu preso alla mole, frantumato”
E il sonetto si conclude, anticipando il senso di tutta l’opera, cioè il permanere di conflitti tra solitudine e connessione umana:
“ Ma ora che occhi neri sono e fitta chioma
e pelle vellutata e bocca dolce
ed ali e artigli e cuore di leonessa,

vivo come creatura senza meta,
ansante, dimidiata, senza voce,
finché il telefonino non risuona…”.

*****

Ed ora veniamo ai sonetti, che non hanno titoli (salvo un paio) proprio per sottolineare la coerente unità di tutti i testi, come successivi aspetti di un unico percorso umano, respiri di un unico sospiro.

La prima sezione si chiama “Sonetti al bastardo”. E’ la vicenda disperata e disperante di un amore che non matura, perché l’uomo non partecipa; dice alla fine il secondo sonetto ( pag.16):
“tornava ardente il suo io barbarico
si rivelava pietra: tutto quanto
disparve, ed il mio scacco fatto certo.”

Ecco ancora una poesia, che rende ancora più chiaro il contesto. Qui si manifesta con chiarezza il trasporto d’amore verso un uomo, con il quale però non stabilisce nessun contatto reale. Leggiamo il sonetto a pag.18:
“In più di mille pensieri ti ho pensato
ti ho portato nel letto, tra le lenzuola
incandescenti nell’agosto ambrato
e sotto la mia doccia, al vellutato

getto dell’acqua, al bagnoschiuma
………………………………..
Ma qui davvero non sei mai entrato,
non hai mai visto il cimitero degli elefanti
su cui ricade a picco il mio balcone;”

E così seguitano diversi sonetti, che vanno letti in sequenza come capitoli di una storia e che raccontano episodi diversi del contrasto tragico, anche se il “capro” cerca costantemente la vita e non vuole essere il “capro espiatorio”.
Conclude uno degli ultimi sonetti di questo gruppo, a pag.27:
“ma sappi che degli angeli è governo
il mio mattino, l’intera mia giornata,
e tu ne sei per sempre chiuso fuori.”

Ma questo uomo è anche un “bastardo”, come recita il titolo di questo gruppo di sonetti. Infatti non sa riconoscere la qualità di dolcezza e serenità della donna che lo ama con tale profondità e che ha tale qualità di luce.
Inizia il sonetto a pag.23
“Andato, cancellato o differito?
lui non è neanche più una voce
al mio telefono, perché non ha capito
quale sprazzo di stella, quale sole

potevo essere io all’infinito,
quale torta di panna, quale dolce
alba infiammata a gigli, sacro invito
ad una festa incantata a bianche rose”

Così proseguono su questa linea i sonetti, che andrebbero letti – ripeto - tutti, uno dopo l’altro come capitoli/episodi del contrasto tragico, dei profondi monologhi d’amore, ma anche di protesta a fronte del comportamento dell’uomo, fino alla rivendicazione di una propria esistenza nella vita, che nessuno può distruggere. Leggiamo gli ultimi sei versi del sonetto a pag 27, di cui avevamo già letto la prima parte:

“Di questo sei esperto, questo inferno
che non percorri, ma a cui m’hai destinata
dicendomi: “Ora piangi e dopo muori!”,

ma sappi che degli angeli è governo
il mio mattino, l’intera mia giornata,
e tu ne sei per sempre chiuso fuori.”

I sonetti centrati sul “bastardo”proseguono e si succedono, occupando circa un terzo dell’intero libro. Ogni sonetto è un capitolo nuovo della vicenda tragica, tra la disperazione, la rabbia, il conflitto ed anche la difesa, fino al rimedio profondo della poesia, che diventa una strada per ritrovare se stessi e gli altri. In questa poesia, una delle ultime di questo gruppo, l’uomo viene chiamato “bastardo”, e poi vi è un riferimento fondamentale alla poesia in generale, come comunicazione profonda. Leggiamo a pag.36 :
“La strada è vuota, ma io non mi scoraggio,
anzi so che sono vincente al suo confronto,
perché non sa che cosa sia poesia;

non sa stendere in bella neanche un saggio,
è inutile che cerchi a farmi affronto:
ha già capito che la vittoria è mia”


La seconda parte del libro si chiama “Familiares” ed anche qui si manifesta in modo pregnante e poetico un’altra storia di amore, di perdita, di conflitti e di autonomia.
Nel raccontare la vicenda di rapporti familiari, che tanto peso hanno nella vita di ciascuno, Francesca Farina non ha timore di cadere nel personale, perché la trasformazione delle vicende della vita in poesia, in sonetti, allontana ogni rischio di caduta soggettivistica e leggiamo momenti esperienziali della vita di ciascuno di noi.
In questi testi, come in tutto il libro, Francesca Farina recupera il dolore, che si trasforma in memoria e la memoria diventa canto, quindi poesia, che è comunicazione ed anche catarsi.

I primi 8 sonetti riguardano la forte figura del padre, cominciando dal ricordo della sua morte. A pag.43:
“Il ventuno di giugno, nel solstizio,
quando spiega l’estate i suoi clamori,
chiamato da un demonio uscisti fuori
con l’ultimo respiro che hai ruggito”.

E subito dopo, alla pagina successiva, la dichiarazione del loro vitale rapporto, ricordando la sua nascita ed anche i luoghi e l’ambiente dove era nato. Leggiamo l’inizio della poesia a pag. 44:
“Lui fu sorgente ed io sono sua foce,
che scorre verso un mare devastato,
il mondo senza pace mai restato
che arranca trascinando la sua croce;”

E l’immagine-ricordo del padre prosegue. Leggiamo i primi quattro versi a pag.47 “Quell’uomo straordinario ci ha donato
la vita,il sangue, il pane, la sua croce;
a forza di sgridarci, senza voce
restava, alla tempesta condannato:”

Ed ora leggiamo l’inizio del sonetto a pag. 46:
“Quanta fierezza e orgoglio ha dimostrato
Nel giorno della laurea di sua figlia,
quella mediana che gli rassomiglia:
per lei si è perfino ubriacato!”

Seguono sei sonetti intitolati “Alla madre”, dove fin dall’inizio appare la tragedia della morte del figlio, Sebastiano, il fratello di Francesca Farina, anche lui poeta: alcune delle sue poesie sono state in precedenza raccolte e pubblicate da Francesca Farina , in un volumetto intitolato “Framas”.
Qui la madre appare nella sua realtà quotidiana e nel suo tragico dolore. Leggiamo a pag. 51, l’inizio e la fine del sonetto.
“Lavi i piatti, ti asciughi poi le mani
a un vecchio canovaccio stropicciato,
ma il tuo viso, come quello diventato,
è ancora bello, con tutti i suoi domani
***
da quando il tuo figliolo, che era rosa
e sole senza nubi, tuo fermento,
è calato nella fossa, assurdo tutto”.

Anche in questi sonetti dedicati alla madre ritorna in primo piano l’amore, centro di ogni rapporto umano significativo; ancora una volta l’amore è luogo di contrasto, di conflitto ed anche di disperazione. Un amore difficile con una madre sempre chiusa in se stessa. Leggiamo a pag.55.
“Madre, che non vuoi essere amata,
benché ricerchi in ogni luogo amore,
se ti stringo ti cambi di colore,
rifiuti sempre di essere toccata,

allora perché dopo, amareggiata,
lamenti che mancato ti è il calore
dei figli tanto crudi, che in dolore
partoristi, senza essere consolata?”


E poi Francesca Farina, attraverso una “Zia”, tocca profondamente le condizioni perdute, in cui ciascuno vive. Vi sono ben 24 sonetti, divisi in due gruppi, “in vita” e “in morte”, che costituiscono una riflessione poetica sulla vita.

Nel primo gruppo si parla della zia in vita, ma nella sua condizione di vecchia donna ormai novantenne. Leggiamo pagina 62, dove si tocca una condizione umana ormai diffusa con l’allungarsi della vita umana.
”Povera vecchia, non trova più le stanze,
il suo letto, il bagno, la cucina:
ogni luogo per lei è una sentina
d’orrori, un labirinto disperante:

Anche qui il dolore si fa memoria e quindi poesia. Leggiamo ancora a pagina 63:
“Lei non è già più di questa terra
è quasi fatta passero o alberello,
la sua vita è trascorsa come ruscello,
che scrosciante precipita alla forra.”

E poi nel gruppo di sonetti “Alla morte”, il ricordo del rapporto vitale con la zia. Ma non si tratta di un mero ricordo affettivo e occasionale. Si susseguono ben diciotto sonetti, centrati su questa figura e il suo ricordo deiloro incontri saltuari, ma ancora più occasione di riflessioni e di emozioni sul senso della vita, sulle tragedie che la circondano, sugli amori e sui rapporti che la illuminano e la rendono accettabile e accessibile. Leggiamo l’inizio del sonetto a pag.72.
“Per lei sarebbe stata aspra sconfitta
avermi accanto al borgo in sua vecchiaia,
perché sognava per me ben altra vita,
che non quella di fare di me sua balia.”

Bisogna leggere tutti questi sonetti per ricostruire la storia tragica di questa amata zia che le era stata così vicina e avere un quadro completo delle tante riflessioni sulla vita della zia, che ha vissuto come un’ isola, ma apertasi alla nipote. Mi limiterò a leggere la parte finale di un sonetto, a pagina 77, perché ricordando la zia pone a confronto la condizione infernale dei viventi con quella forse consolata di chi è seppellito.
“Qui è amarezza, odio e scortesia,
là dove sei è pianto e forte duolo,
mestizia , lutto e miserere eterno;

lontana dal frenetico mio inferno ,
racconsolata sei, forse nel suolo,
e con chi stati, chiunque egli sia.”

Ma il libro non termina qui. Infatti si conclude in modo non inaspettato con una quindicina di sonetti intitolati “La tragedia dei giorni”, dove Francesca Farina parla più in generale di sé e della condizione umana, andando oltre i rapporti personali e famigliari. Queste poesie sono, in modo significativo, introdotte da versi di Kavafis, che dicono:
“In queste tenebrose camere, dove vivo
giorni grevi, di qua, di là mi aggiro
per trovare finestre..”
e conclude “Meglio non trovarle, forse.
Forse sarà la luce altra tortura.
Chi sa che cose nuove mostrerà”.

E Francesca Farina? Vi sono qui tanti sonetti complessi e conflittuali. Leggiamo a pag.94
“Tornando a casa adesso scopro il cielo
e le strade stellate dell’abisso:
quanto di me si strugge ora capisco,
ciò che rimane è lieve come gelo.”

E subito dopo, leggiamo a pagina 95, l’inizio di un sonetto dove la poeta parla proprio del senso e del significato dello scrivere nel corso della vita e dei ricordi.
“Sì, smemorare e ancora ricordare,
solcando della mente i foschi mari,
ottenebrata da ansie senza pari,
perdendosi in abissi e poi tornare!”

E infine, come previsto nella tragedia classica, c’è una poesia di conclusione, intitolata “Congedo” che certo manifesta una visione tragica della vita ancora da vivere, fino alla inevitabile morte. Ma non è qui presente una concezione nichilista e neppure una visione distruttiva dell’esistenza. No, la vita è una conquista passo passo della irrevocabile complessità dell’esistenza, degli indissolubili conflitti tra le tante parti di cui siamo fatti, del lato tragico sempre presente e che va accettato proprio per poter vivere veramente. La poesia è percorso necessario per poter vivere con più comprensione e con minore isolamento. Ma non esistono rimedi complessivi per evitare i tanti guai di cui è composta la vita di ciascuno.

Testo critico di Roberto Piperno in occasione della presentazione del libro di Francesca Farina ala Biblioteca Tortora, a Roma.

mercoledì 3 febbraio 2010

MERCOLEDI' 17 FEBBRAIO 2010, ORE 17,00 EVENTO!!!

Biblioteca Enzo Tortora, via Nicola Zabaglia, 27 (TESTACCIO) – Roma
Mercoledi’ 17 febbraio 2010, ore 17,00
Presentazione del volume di sonetti di
Francesca Farina
“TRAGOEDIA”
Editrice Zona
Intervento critico di
Claudia Pagan e Roberto Piperno
a seguire
MARATONA DEI POETI
SUL TEMA
“LA TRAGEDIA DELLA VITA”
con
DOMENICO ALVINO, PAOLO ARCERI, LUCIANNA ARGENTINO, SILVANA BARONI, LUCA BENASSI, TOMASO BINGA, PAOLO BORZI, MARIA GRAZIA CALANDRONE, LAURA CANCIANI, LEA CANDUCCI, MARIA CLELIA CARDONA, PILAR CASTEL, EMANUELA CELI, LUIGI CELI, FRANCO CIMARELLI, TIZIANA COLUSSO, CHIARA D’APOTE, GABRIELLA DI TRANI, FRANCO FALASCA, FRANCESCA FARINA, LIDIA GARGIULO, CARLA GUIDI, IOLANDA LA CARRUBBA, FRANCESCO LIOCE, DONATELLA MEI, FARAON METEOSES, DANIELA NEGRI, GIULIA PERRONI, ENRICO PIETRANGELI, ROBERTO PIPERNO, MIMMA PISANI, ROSSELLA POMPEO, BIAGIO PROPATO, CONY RAY, ELENA RIBET, LIDIA RIVIELLO, EUGENIA SERAFINI, LUIGIA SORRENTINO, GIUSEPPE SPINILLO, MARISA TOLVE, LUCIANA VASILE...E MOLTI ALTRI...

SERVIZIO VIDEO-FOTOGRAFICO DI
VINCENZA SALVATORE

martedì 26 gennaio 2010

"LAMENTO PER ISRAELE" DI FRANCESCA FARINA

"Lamento per Israele".

Israele va intorno come folle
strappandosi i capelli ad uno ad uno
e cercando in ogni dove
i suoi figli dispersi.
“...Allora si realizzò
quel che Dio aveva detto
per mezzo di Geremia.
Una voce si è sentita
nella regione di Rama,
pianti e lunghi lamenti.
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
poiché essi non ci sono più”
Che occhi tristi hai, Israele!
E’ per il lutto che mi ha colpito.
Che vesti rosse hai, Israele!
E’ per il sangue che ho versato.
Che viso bianco hai, Israele!
E’ per le vene che mi hanno aperto.
Che membra stanche hai, Israele!
E’ per le ossa che mi hanno spezzato.
Che mani vuote hai, Israele!
E’ per i figli che mi hanno tolto.
“Hanno trapassato le mie mani e i miei piedi;
hanno contato tutte le mie ossa”.
“Allora si fece silenzio
su tutta la terra”.

venerdì 15 gennaio 2010

MARTEDI' 19 GENNAIO 2010 BIBLIOTECA VALLICELLIANA "PORTRAITS-RITRATTI" DI VINCENZA SALVATORE

MARTEDI' 19 GENNAIO 2010, ALLE ORE 17,00, PRESSO LA SALA BORROMINI DELLA BIBLIOTECA VALLICELLIANA, PIAZZA DELLA CHIESA NUOVA , ROMA, CENTRO STORICO,VINCENZA SALVATORE PRESENTA IL PROPRIO LIBRO "PORTRAITS-RITRATTI FOTO-POETICI", EDITO DALLE EDIZIONI ASSOCIATE DI GIORGIO CORTELLESSA, COMPOSTO DAI RITRATTI FOTOGRAFICI DI 51 POETI NOTI E MENO NOTI, AFFIANCATI DALL'AUTORITRATTO IN POESIA DI CIASCUN POETA: UN LIBRO UNICO NEL PANORAMA EDITORIALE ITALIANO E NON SOLO. LEGGERANNO IL PROPRIO AUTORITRATTO POETICO I POETI MARIO LUNETTA, FRANCESCA FARINA, TIZIANA COLUSSO, DANIELA RAMPA, LIDIA RIVIELLO E PAOLO GUZZI. FRANCESCA FARINA INTRODURRA' LA MANIFESTAZIONE.

AL CENTRO EBRAICO PITIGLIANI, VIA ARCO DE' TOLOMEI, 1, ROMA

MERCOLEDI' 27 GENNAIO 2010, ALLE ORE 19,00, PRESSO IL CENTRO EBRAICO PITIGLIANI, VIA ARCO DE' TOLOMEI 1, ROMA, CENTRO STORICO, I POETI DELLA MARATONA DEI POETI LEGGERANNO I LORO VERSI PER CELEBRARE LA GIORNATA DELLA MEMORIA IN OCCASIONE DELL'ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI AUSCHWITZ (27 GENNAIO 1945-27 GENNAIO 2010). SARANNO PRESENTI DOMENICO ALVINO, PAOLO ARCERI, LUCIANNA ARGENTINO, SILVANA BARONI, LUCA BENASSI, TOMASO BINGA, PAOLO BORZI, MARIA GRAZIA CALANDRONE, LAURA CANCIANI, LEA CANDUCCI, MARIA CLELIA CARDONA, EMANUELA CELI, LUIGI CELI, TIZIANA COLUSSO, CHIARA D’APOTE, GABRIELLA DI TRANI, FRANCO FALASCA, FRANCESCA FARINA, LIDIA GARGIULO, CARLA GUIDI, IOLANDA LA CARRUBBA, FRANCESCO LIOCE, DONATELLA MEI, FARAON METEOSES, DANIELA NEGRI, GIULIA PERRONI, ENRICO PIETRANGELI, ROBERTO PIPERNO, MIMMA PISANI, ROSSELLA POMPEO, BIAGIO PROPATO, CONY RAY, ELENA RIBET, LIDIA RIVIELLO, EUGENIA SERAFINI, LUIGIA SORRENTINO, GIUSEPPE SPINILLO, MARISA TOLVE.

A CURA DI FRANCESCA FARINA
SERVIZIO VIDEO-FOTOGRAFICO DI
VINCENZA SALVATORE

ROSAFRANCEFARINA@FASTWEBNET.IT

giovedì 14 gennaio 2010

"27 gennaio 2010 GIORNATA DELLA MEMORIA"

CARI AMICI POETI, ANCHE QUEST'ANNO STIAMO PREPARANDO per il 27 gennaio 2010 LA GIORNATA MONDIALE DELLA MEMORIA, CHE RICORDA LA LIBERAZIONE DEL CAMPO DI CONCENTRAMENTO DI AUSCHWITZ IL 27 GENNAIO 1945, DA PARTE DELL'ARMATA ROSSA. ANCHE QUEST'ANNO FAREMO UNA GRANDE MARATONA DEI POETI, CON CIRCA TRENTA AUTORI CHE LEGGERANNO I PROPRI TESTI SUL TEMA DELLA SHOA, TESTI CHE SARANNO RACCOLTI DOPO LA LETTURA E COSTITUIRANNO MATERIA DI UN VOLUME DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE. PREPARATE I VOSTRI VERSI, NON DIMENTICATE...RICORDATE DI NON DIMENTICARE...
TRA BREVE I DETTAGLI DELLA MARATONA SU QUESTO BLOG O ALLA MAIL rosafrancefarina@fastwebnet.it