giovedì 3 giugno 2010

"CORPOREA. IL CORPO NELLA POESIA FEMMINILE CONTEMPORANEA IN LINGUA INGLESE"

“CORPOREA. IL CORPO NELLA POESIA FEMMINILE CONTEMPORANEA IN LINGUA INGLESE”, EDIZIONI LE VOCI DELLA LUNA POESIA, SASSO MARCONI (BO), 2009.
Volume a cura di Loredana Magazzeni, Fiorenza Mormile, Brenda Porster, Anna Maria Robustelli.

In questi spaventosi anni di regressione culturale e disimpegno generale, dove è ancora più negato alle donne lo spazio che tanto faticosamente, talvolta a prezzo del loro stesso sangue, avevano conquistato (basti ricordare a Roma, Giorgiana Masi, tra le tante, le migliaia di donne, i milioni nel mondo, durante gli anni Settanta e Ottanta della ipotizzata e poi tradita Rivoluzione), tanto più meritevole l’opera delle curatrici di questo volume, che hanno antologizzato le voci più incisive delle maggiori poete inglesi e americane. La dimenticanza che, come marchio feroce e inesorabile, sembra essersi impressa sulla carne della nostra crudele epoca, viene di colpo cancellata dalla celebrazione di questo canto nascosto, noto soltanto alle donne più acculturate, alle lettrici instancabili le quali, come le curatrici e traduttrici dell’antologia, hanno tenuto viva la luce, nel buio dell’incultura che ci sommerge e ci rende quasi ciechi.
Il volume si compone di sette sezioni, ognuna intitolata a un tema fondamentale della vita delle donne: “Metafore e miti rivisitati”, “Immagini del sé: amore e disamore”, “Desiderio”, “Nascite e dintorni”, “Invecchiamento e malattia”, “Violenza e separazioni”, “Lo sguardo critico: puntualizzazioni, risentimenti, manifesti”, per un totale di sessanta poesie, con testo inglese a fronte. Si tratta di un vero e proprio manifesto poetico contro la cancellazione del corpo, oggi più che mai negato, violato, annullato: ogni giorno, sappiamo dalla cronaca nera, una donna viene assassinata dalla persona a lei più prossima, un marito, un compagno, un fidanzato, un amante, un padre, un fratello.
Si va allora , nella prima sezione, dalla poesia “Pensieri alla Ruskin” di Elma Mitchell, in cui la donna è vista come infinitamente lontana dallo stereotipo maschile, dove era fatta di “gigli e rose”, a quella in cui si rivela impastata di desiderio e non di tenere fragranze alla fresia, come in “Calendule” di Vicky Feaver (singolare che il nome “Calendula” in inglese sia “Marigold”, cioè lo stesso di una nota marca di guanti di gomma per le faccende di casa…), a quella in cui celebra ciò che per secoli è stato oggetto della massima vergogna e riprovazione, le mestruazioni, nelle poesie di Lucille Clifton e di Sharon Olds; qui avviene la celebrazione dei fluidi del corpo femminile per millenni nascosti alle/dalle stesse donne, tabù innominabile. O ancora: si esalta la Grande Madre Eva, “la prima scienziata”, morta per sete di conoscenza, ovvero, dissacrando la nota fiaba, la piccola Cenerentola dalle due madri ambivalenti. Quindi, nella seconda sezione, troviamo le poesie che glorificano le parti più intime ed indicibili del corpo femminile, cancellate perfino dalle parole delle donne e tanto più dagli scritti degli uomini, ovvero relegate nei siti pornografici, nei boudoirs, nelle latrine,negli scantinati, negli angiporti, nei casini; ovvero, quelle che lo negano, come in “Anoressia” di Alice Jones, la quale non è altro che la risposta crudele (“Io mi annullo fino a scomparire, morire”) alla domanda crudele del mondo: “Donna, perché esisti?”; o in “Bulimia” di Denise Duhamel, che al contrario denuncia il tentativo da parte della donna “affamata di tutto” “digiuna del mondo” di ingurgitare ciò di cui sente mostruosamente la mancanza.
Si passa poi alla sezione intitolata “Desiderio”, dove si sottolinea come il desiderio femminile sia relegato nel retrobottega del pensiero, del corpo, delle parole non dette, delle parole non scritte, per auto-censura, proibizione, reticenza, vergogna. Il corpo del maschio diventa nelle poesie distanza assoluta o complementarità totale con quello della femmina, quando il sesso e le sue pulsioni si fanno verbo e se ne canta l’orgoglio anche quando si tratta di sessi identici, nell’amore, sempre negato o faticosamente conquistato, di donna e donna, nelle poesie, tra le altre, di Dorianne Laux, Carol Anne Duffy, Adrienne Rich.
E ancora nella sezione “Nascite e dintorni” si canta l’avventura più estrema dell’intera esistenza, la nascita, di volta in volta magnificata, retorizzata e desublimata, abisso d’orrori ed estasi sublime; ovvero il rapporto più ineffabile che donna possa vivere, quello col proprio figlio, oppure con il non nato, la figlia mai avuta; così nella successiva sezione “Invecchiamento e malattia” lo sfacelo del corpo di donna, fatto per l’amore, denuncia la sua rimozione, “il seno in meno” nella poesia di Marlyn Hacker, o la “Mastectomia” in quella di Alicia Ostriker, che ha dedicato alla malattia diverse liriche. Si passa poi a “Violenza e separazioni”, dove gli stupri nelle loro forme più atroci rivivono nei versi quasi sanguinanti di Marge Piercy, Agneta Falk, Mary Dorcey e altre. Infine, la sezione “Lo sguardo critico: puntualizzazioni, risentimenti, manifesti”, dove l’audacia verbale delle poete si distende in canti inarrivabili, di grande impatto ironico, come nel “Sonetto della vagina” di Joan Larkin, o nel notissimo “Avvertimento” di Jenny Joseph, vera bandiera delle femministe di tutto il mondo, che ha dato luogo alla “Red Hat Society”, la quale conta migliaia di adepte ovunque, perfino in Cina, ma non in Italia, per chiudere con l’invito “Per donne forti” di Marge Piercy, valevole per tutte quelle donne che credono di non poter sollevare, con la forza delle loro braccia, l’intero universo, ma alle quali tuttavia è sempre richiesto.
Volume assolutamente da non perdere, non dovrebbe mancare in nessuna libreria di donna. E non solo.
(NOTA CRITICA DI FRANCESCA FARINA)

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