Rumore. Dietro. La pioggia dietro. Rumore di pioggia.
Dietro ad ogni cosa. Tu fai pure. È lì che cade.
Non c’è uno a dire. C’è l’altro dire, dentro il fare.
E il rumore di pioggia. Dietro. Pioggia dietro il fare
e dietro il dire. Quel rumore non rumore. Così costante.
Così compatto. La compattezza emerge. Viene su.
Muro. Di contenimento. Muro di contenimento. Di sopra
ci ballino pure. O come che cosa. Il basso continuo.
Sotto la melodia. O le bande ai funerali. Queste sì.
Perché chi muore muore. Non sei tu a doverlo.
Insomma è questa sicurezza. Del morire. Ecco. E poi
che verrà giorno. Da se stesso. Non sei tu a doverlo.
Sono gli altri. Porteranno cassa. Lumi. Anche lacrime.
Tu fa pure. Siano le tue cose. Tu sei lì che fai. E verranno.
Scalpiccii. Saliranno lenti. Senza scricchiolio. Brevità
di scale. E sono lì. Saranno dentro. Nel brusio. Finiti.
Spenti. E sarà tutto spento. Non sarà né inverno
né sabato né ora o notte. Sarà lo spento.
domenica 30 settembre 2007
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1 commento:
Domenico Alvino è un vero grande poeta, si sente anche da quest'unica poesia, delle moltissime che ha scritto. Il suo curriculum è troppo lungo, non può entrare nelle poche righe del commento!
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